Aperto, entrate.
Che invito meraviglioso, così, lungo la strada. E’ aperto, qui si mangia, è ora di pranzo. Così, vecchia maniera, alla “semplice”, senza orpelli, paludamenti, appuntamenti per avere la prenotazione ( come alla USL), booking online…. Basta il vecchio caro telefono. E’ aperto. Entriamo.
Ed è aperto davvero.
E’ inverno, ma c’è il sole. Si mangia fuori. Tra poco sarà pieno di gente allegra e giustamente di buon appetito.
Sono in tanti a conoscere questo posto. Segno che è questo che la gente vuole: ci piace ancora la convivialità della tavola, del “mangiare”, come si dice in Toscana, usando un verbo al posto di un sostantivo. Del cibo da mangiare.
E’ ancora questo ciò che la gente vuole: andare a mangiare. Senza bisogno di essere troppo eleganti nel vestire, o senza bisogno di fingerci esperti nel valutare le sfumature cromatiche di un piatto che riflettono le sfumature di sapore che si sposano con il periodo storico in cui viviamo e con la cravatta di quello del tavolo accanto.
Non ditemi che non vi piace, non ci credo. Non ditemi che non vi piace “l’andare a mangiare” o che non vi piace avere “il mangiare nel piatto”.
I tortelloni maremmani sono d’obbligo: è l’unico primo della lista. Due riempiono il piatto e soddisfano buona parte dell’appetito. Specialmente se prima lo stomaco è stato stuzzicato da una giardiniera fatta in casa con il giusto grado di aceto.
Il pasto termina con una crostata. Evviva la crostata!
Una delizia, un sollievo, un riposo della mente che non deve sforzarsi di acquisire i retrogusti del vino, ma semplicemente gioire del “mangiare”, dello stare a tavola.
Grazie agli Attortellati e a tutti coloro che lo conoscono e lo frequentano per un’ora di felicità mangereccia.
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